Valutazioni sul tirante d’aria

La “calata assistita”, negli interventi eseguiti in rope access, è una tecnica che permette di calare dall’alto un operatore che necessita di lavorare avendo il meno ingombro possibile davanti a sè e nessuna fune sotto i piedi; viene usata ad esempio nelle operazioni di disgaggio e disbosco di pareti rocciose, ma anche durante interventi di recupero eseguiti da personale del CNSAS, Vigili Del Fuoco e altri gruppi di soccorso organizzato.

Solitamente consiste nell’installazione del discensore e del dispositivo di arresto caduta al sistema ancoraggio, i quali saranno poi manovrati /gestiti da una seconda persona che calerà l’operatore attaccato ai capi delle due funi (uno collegato al punto EN813 e l’altro al EN361 dell’imbraco.
È importante che “calato” e “calante” siano in continuo contatto tra loro, per una corretta e sicura gestione della movimentazione (ad esempio con ricetrasmittenti).

Vogliamo ora fare alcune considerazioni sulla tecnica descritta; in particolar modo ci soffermeremo sul calcolo del *tirante d’aria di un ipotetico caso che andremo poi a trattare qui di seguito: Ipotizziamo un lavoro su parete rocciosa alta 120 metri, nello specifico un disgaggio (rimozione di pietre instabili).
Dopo una attenta valutazione dei rischi, preposto/i e operatore/i convengono che la tecnica della calata assistita risulta essere la soluzione più sicura e viene il tutto riportato nel PDL specifico per l’accesso mediante funi. Sull’ancoraggio predispongono un discensore conforme alla norma EN12841/C (giant, id, sparrow o altro) e un anticaduta EN12841/A (asap, goblin o altro).

Nell’esempio specifico utilizzano come anticaduta Asap lock + Asap’sorber axess; da libretto di uso e manutenzione, la combinazione tra questo dispositivo di arresto caduta e assorbitore, dà come valore di tirante d’aria, con fattore di caduta inferiore a 1m, 1.70m (da sotto i piedi dell’operatore a piano stabile), utilizzatore di 100kg.

*TIRANTE D’ARIA: spazio libero sotto i piedi dell’operatore affinché non urti ostacoli, o il suolo, in caso di caduta

Il valore di “E”, vale a dire l’elasticità della corda, è da prendere in seria considerazione poiché fa variare di molto il tirante d’aria necessario all’operatore per non incorrere in un possibile infortunio, o peggio. I libretti non danno alcuna informazione a riguardo, dato che l’allungamento varia da fune a fune, dal carico applicato e dalla lunghezza interessata della stessa.

Perciò poniamo il caso che il personale addetto utilizza una Petzl Parallel 10.5mm, associata all’anticaduta sopra descritto. Da libretto abbiamo un allungamento del 3.4% tra 50 e 150 daN di forza applicata e, secondo lo standard NFPA 1983-2017, abbiamo un allungamento del 5.4% con 1.35kN, del 8.6% con 2.7kN e del 11.9% con 4.4kN.

Questi valori mi possono aiutare nel presupporre (in maniera approssimativa) la percentuale di allungamento della fune interessata durante la calata in caso di caduta per rottura/malfunzionamento della corda di lavoro.

N.B: Asap Lock è un anticaduta scorrevole! Durante la calata dell’operatore, la fune di sicurezza resterà SENZA alcuna tensione, ovvero corda “molle”! In caso di caduta, prima che l’operatore venga arrestato, dovrà prima mettersi in tensione tutto il sistema, considerando anche la lunghezza elevata della calata e l’ipotesi di uno scorrimento maggiore della fune all’interno dell’Asap Lock prima che quest’ultimo vada a bloccarla!

Naturalmente, per fare questo calcolo, devo sempre pormi a favore della sicurezza! Opteremo per 2 casi diversi: il “peggiore”, ovvero ipotizzando di avere una forza di arresto pari a 4.4kN che, a nostro avviso, potrebbe accadere se si crea un lasco di corda tra dispositivo di arresto caduta e operatore, e l’intermedio ovvero 2.7kN, ottenibile in una situazione “normale”.

Ovviamente per semplificare le cose poniamo il peso dell’operatore con addosso imbraco e attrezzatura varia pari a 100kg.

Arriviamo al dunque: operatore (100kg) in calata assistita e sospeso a 100mt di distanza dall’ancoraggio. Succede poi una qualunque cosa e si ritrova in caduta libera “aspettando” che la fune di sicurezza lo arresti.
Ma dopo quanti metri il nostro lavoratore si troverà perfettamente fermo? Quanto è il tirante d’aria che devo prevedere in una situazione così descritta? La fune, di quanto si allunga? Quasi sicuramente il dissipatore di energia non entrerà in funzione, poiché la forza di arresto verrà dissipata dall’effetto elastico della corda, ma prendiamo come sempre il caso peggiore:

Caso 2: 11,9mt (E) + 1,70mt (tirante d’aria dispositivo FC<1) = 13,60mt di TIRANTE D’ARIA

Caso 1: 8,60mt (E) + 1,70mt (tirante d’aria dispositivo FC<1) = 10,30mt di TIRANTE D’ARIA

!ATTENZIONE! Calcoli puramente ESTIMATIVI, in situazione reale potrebbero variare dipendendo da più fattori, come ad esempio potrebbe non entrare in funzione il dissipatore di energia, poichè l’effetto elastico della fune contribuirebbe a dissipare la forza di arresto caduta, oppure non ci si troverebbe a raggiungere una forza di arresto caduta pari a 4,4KN. Non sono state fatte prove in campo con questi dati. Perciò non soffermiamoci troppo sui numeri, ma sul ragionamento di seguito argomentato!

Visti i risultati, diventa piuttosto rischioso cadere per cosi tanto, soprattutto se la parete non è del tutto verticale o a strapiombo, ma risulta magari un po’ appoggiata o con sporgenze e/o rientranze che farebbero risultare la caduta piuttosto rovinosa con conseguenze anche serie. Oltretutto, se si cade con in mano una motosega, un leverino (piede di porco) o altro attrezzo si rischiano seri danni derivanti dall’impatto anche con quest’ultimi.

Ogni valutazione dei rischi che si rispetti, tratta al primo posto il rischio di caduta dall’alto e impone le conseguenti prescrizioni di riduzione o eliminazione (ove possibile). Molte volte però la caduta dall’alto fa pensare solamente alla caduta dell’operatore fino a terra, non tenendo conto dell’eventuale caduta arrestata da dispositivi anticaduta e i rischi derivanti da essa, da quei pochi o tanti metri di caduta libera che l’operatore subisce prima di essere fermato.
Per questo un tecnico che si rispetti valuta tutte le varie ed eventuali, causa ed effetto di tutte le scelte che prende, sia sulle manovre tecniche da eseguire che sui dispositivi da impiegare, per non parlare della possibile gestione di un’emergenza.

Ma come possiamo ridurre questi rischi? Che tecniche operative occorre scegliere e perché? Che dispositivi utilizziamo per ovviare a questi problemi?

Il mercato offre un’ampia gamma di prodotti, talvolta rispondenti a più di una norma tecnica contemporaneamente; sta all’operatore, o meglio al team, deciderne il giusto impiego e adattarli alle diverse tecniche di lavoro, sempre però rispettando ciò che i produttori indicano nei libretti d’uso e la loro destinazione e campo di applicazione.

Ad esempio, Giant di Camp Safety risponde alle norme tecniche EN12841A/B/C (e altre, ma nello specifico non ci interessano); se andassi a sostituire l’Asap lock con questo, o meglio sostituissi anche l’ID, in modo da avere due dispositivi identici, “accoppiati”, azionabili simultáneamente da 1 solo operatore che cala, che vantaggi avrei? Risolverei il problema del tirante d’aria trattato sopra? Sarei comunque “a norma”?

Rispondendo alle norme EN12841A e C siamo assolutamente sicuri di lavorare “a norma”, su questo non ci sono dubbi.

Il problema del tirante d’aria rimane ma, avendo entrambe le funi in tensione e con il peso dell’operatore ripartito a metà tra le stesse, se una venisse a mancare avremmo comunque l’altra già pre-tensionata e la nostra “E” probabilmente si avvicinerebbe alla metà di quanto avremmo nel caso 1 e 2 (lavorando con entrambe le funi in tensione ma soprattutto senza creare laschi, il caso 2 potremmo a questo punto fare a meno di considerarlo); inoltre potremmo sottrarre ulteriori 70cm, ovvero tirante d’aria di 1,70m (asap lock + asap’sorber axess) – 1m di margine di sicurezza, che in ogni caso va mantenuto.

Non vogliamo però soffermarci sui dati precisi del tirante d’aria con questa configurazione, poiché saranno trattati nei prossimi articoli.

Da queste ultime considerazioni possiamo dedurre un miglioramento della sicurezza piuttosto considerevole e, considerando la lunghezza della calata elevata, i risultati ottenuti con questo “asset”, sono soddisfacenti. Ma possiamo ulteriormente migliorare, scegliendo ad esempio di utilizzare funi con allungamento percentuale inferiore di quella impiegata nell’esempio sopra citato, in questo modo la nostra “E” risulterebbe ancora più bassa.

Ad esempio, Prium 10.5mm di Camp Safety offre un allungamento percentuale di 1.8%, contro il 3.4% di Parallel 10.5mm di Petzl (entrambi tra 50 e 150 daN di sforzo); in questo modo abbiamo la possibilità di partire con un allungamento già nettamente più basso, circa la metà.

Un’altra soluzione, per ridurre ulteriormente il rischio, sarebbe quella di eseguire una o più riprese di ancoraggio sulla parete rocciosa in esempio, ovvero suddividendo la parete in altezza in più calate (2, 3 o più). In questo modo andremmo a ridurre drasticamente il tirante d’aria necessario agendo direttamente sul tratto di fune interessata ad allungamento (l’11.9% di allungamento su 50mt chiaramente non è lo stesso che su 100mt di fune).

Se poi andassimo ad unire la suddivisione della parete in altezza in più calate, l’uso “accoppiato” e simultaneo per la calata dell’operatore di 2 dispositivi come Giant di Camp Safety e la scelta di una fune con basso allungamento percentuale (Prium), saremmo sicuri di aver ridotto il rischio a cui l’operatore va in contro del più possibile, risultato ottenuto solamente cambiando dispositivi (o almeno 1 su 2) ed adottando modalità e tecniche operative diverse solo in parte da quelle “classiche”, impartite ormai da moltissimi anni dalla maggior parte delle scuole di formazione, tecniche che van per la maggiore nell’ambito dei disgaggi.

Andrea De Giacometti
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